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Marito muore, moglie costretta a chiudere l’attività commerciale: risarcimento sacrosanto

Il cosiddetto lucro cessante non può essere escluso ragionando semplicemente sul fatto che, in teoria, l’attività avrebbe potuto cessare comunque in futuro, a prescindere dalla morte dell’uomo

Marito muore, moglie costretta a chiudere l’attività commerciale: risarcimento sacrosanto

Attività commerciale appena avviata da moglie e marito, che, però, muore a causa di un episodio di malasanità. Legittima la pretesa risarcitoria avanzata dalla donna, e su questo fronte, precisano i giudici (ordinanza numero 17881 del 2 luglio 2025 della Cassazione), va calcolato anche il lucro cessante, che non può essere escluso, nel caso specifico, ragionando semplicemente sul fatto che, in teoria, l’attività avrebbe potuto cessare comunque in futuro, a prescindere dalla morte dell’uomo.
Ampliando l’orizzonte oltre la specifica vicenda, i giudici chiariscono che, nell’ottica della valutazione del lucro cessante derivante dalla morte di un soggetto, è necessario considerare l’evento concreto ed effettivo che ha causato la cessazione dell’attività economica, senza sostituire ad esso eventi ipotetici futuri. In questa ottica, il nesso causale tra la condotta illecita e il danno patrimoniale si valuta rispetto al concreto evento verificatosi e non rispetto ad eventi meramente possibili o aleatori che avrebbero potuto verificarsi in futuro per altre cause.
Tornando allo specifico contenzioso, i giudici di Cassazione pongono in rilievo alcuni dettagli. Dodici mesi prima della morte del marito, con quest’ultimo la donna aveva avviato un’attività di vendita ambulante, attività che aveva avuto dei ricavi ma che però, dopo la morte dell’uomo, era stata interrotta in modo definitivo.
Tuttavia, i giudici di merito hanno respinto la specifica istanza risarcitoria avanzata dalla donna e lo hanno fatto osservando che, da un lato, la prova della reddittività dell’attività della coppia era stata fornita per solo un anno, e, dall’altro, che l’attività di commercio ambulante si caratterizza per una certa aleatorietà nell’andamento dei ricavi, e ciò non consente di stabilire con sufficiente certezza se nel futuro vi sarebbero stati incrementi di guadagno ed in quale misura, né che negli anni successivi l’uomo avrebbe davvero continuato a svolgere quel tipo di lavoro.
Questa visione viene censurata dai magistrati di Cassazione, i quali valutano come erroneo il ragionamento seguito in Appello, laddove si è negato il lucro cessante sulla base di un ragionamento fallace, secondo cui non era escluso che i ricavi avrebbero potuto comunque diminuire da sé o che l’attività avrebbe potuto cessare per altre ragioni.
Cosi facendo, però, si sostituisce all’evento concreto di cui il danneggiato si duole (aver dovuto cessare l’attività per la morte del congiunto) un evento ipotetico (l’attività poteva cessare comunque per altre cause), se non che il danneggiato si duole di quel concreto ed effettivo evento, non di uno ipotetico, osservano i giudici di Cassazione.
Invece, è necessario valutare esclusivamente se la morte del marito ha causato la cessazione della attività, senza porsi il problema se tale attività in futuro avrebbe potuto cessare comunque, spiegano i magistrati di Cassazione, per i quali, a mo’ di esempio, è come dire che se uccido taluno non è evento rilevante considerare il fatto che avrebbe potuto morire per altro.

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