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Straniero espulso ma malato di cirrosi epatica: possibile il rilascio del ‘permesso di soggiorno’

A rilevare, precisano i giudici, sono solo gravità della patologia e rilevante pregiudizio alla salute per il caso di rimpatrio, e non il riferimento ad indifferibilità ed urgenza delle cure

Straniero espulso ma malato di cirrosi epatica: possibile il rilascio del ‘permesso di soggiorno’

Possibile il rilascio del ‘permesso di soggiorno’ per cure mediche allo straniero che, destinatario di un provvedimento di espulsione, è affetto da una patologia seria come la cirrosi epatica.
Questa la linea tracciata dai giudici (ordinanza numero 23990 del 27 agosto 2025 della Cassazione), i quali, chiamati a prendere in esame il caso riguardante una cittadina pachistana, hanno posto in discussione la posizione assunta da Prefettura e Ministero dell’Interno, precisando che a rilevare, ai fini del rilascio del ‘permesso di soggiorno’ per cure mediche, sono solo gravità della patologia e rilevante pregiudizio alla salute per il caso di rimpatrio, e non il riferimento ad indifferibilità ed urgenza delle cure.
Riflettori puntati, come detto, sulla posizione di una cittadina pakistana che vede messa a rischio la propria permanenza in Italia, nonostante la presenza della sua famiglia, cioè marito e figlio entrambi muniti di ‘permesso di soggiorno’, e l’assenza di congiunti in patria e nonostante la propria precaria condizione fisica, minata da una grave cirrosi epatica, a fronte di un decreto di espulsione e di una risposta positiva alla sua doman di rilascio della ‘carta di soggiorno’.
Per il Giudice di pace è legittima la posizione assunta dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Napoli, soprattutto perché la patologia lamentata dalla straniera non pare imporre l’mmediata necessità di ricovero presso strutture sanitarie. Pertanto, gli interventi medici a cui la cittadina pachistana deve sottoporsi, per quanto indispensabili, non sono valutabili come indifferibili ed urgenti, essendo piuttosto da ritenere trattamenti di mantenimento o di controllo che possono comunque essere eseguiti nel suo Paese di origine, dove peraltro l’emergenza COVID-19 risulta superata.
Tirando le somme, per il Giudice di pace non può essere messo in discussione il provvedimento di espulsione adottato nei confronti della straniera.
A fronte delle obiezioni sollevate dal legale che rappresenta la cittadina pachistana, obiezioni mirate a sostenere che la tutela ai cittadini stranieri per ragioni di salute comprende non solo le prestazioni di ‘Pronto Soccorso’ e di medicina d’urgenza, ma anche tutte le altre prestazioni essenziali per la vita, per i magistrati di Cassazione va posta in discussione la legittimità del provvedimento di espulsione.
Per il legale, comunque, va tenuto presente anche che la straniera, nelle cure e nei trattamenti medici cui è costretta, può godere del sostegno dei suoli familiari solo in Italia mentre sarebbe di tanto privata in ipotesi di rientro in Pakistan.
A parere dei magistrati di terzo grado, ci si trova, almeno sulla carta, di fronte ad una causa di inespellibilità, poiché, come sancito dal ‘Testo unico sull’immigrazione’, non è consentita l’espulsione dello straniero che versa in gravi condizioni psicofisiche o derivanti da gravi patologie, accertate mediante idonea documentazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il ‘Servizio sanitario nazionale’, e tali da determinare un rilevante pregiudizio alla salute dello straniero in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza.
Privo di fondamento, quindi, il riferimento operato dal Giudice di pace all’assenza di trattamenti sanitari indifferibili e urgenti e utilizzato per escludere il divieto di espulsione della cittadina pachistana. Quel riferimento non trova alcun fondamento normativo, poiché ciò che rileva è la valutazione di gravità della patologia e di rilevanza del pregiudizio alla salute dello straniero in caso di rimpatrio, precisano i giudici.
Riprendono vigore, quindi, le contestazioni mosse dalla cittadina pachistana, contestazioni su cui dovrà nuovamente pronunciarsi il Giudice di pace per valutare l’eventuale illegittimità dell’espulsione, ma tenendo conto delle considerazioni compiute dai magistrati di Cassazione e riassumibili col principio secondo cui ciò che rileva, ai fini del rilascio del ‘permesso di soggiorno’ per cure mediche, è la gravità della patologia, da un lato, e il rilevante pregiudizio alla salute per il caso di rimpatrio, dall’altro, senza che abbia alcun rilievo l’indifferibilità e l’urgenza delle cure, dettagli, questi che, assieme alla essenzialità delle cure, vanno valutati ai diversi fini dell’erogazione dell’assistenza sanitaria ai cittadini stranieri irregolari presenti sul territorio nazionale.

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